Da un punto di vista psicopatologico è importante distinguere il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (la Nevrosi Ossessiva della nosografia tradizionale) dal Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità, vale a dire una stabile strutturazione della modalità di percepire, pensare e relazionarsi all’ambiente e a se stesso; il secondo si configura come un quadro rigido, non adattivo, pervasivo di “preoccupazione per l’ordine, perfezionismo e controllo mentale e interpersonale, a spese di flessibilità, apertura ed efficienza” (DSM-IV-TR); tali aspetti sono fondamentalmente egosintonici. Le caratteristiche della nevrosi ossessiva, invece, si fondano soprattutto sull’intrusività della rappresentazione o dell’impulso, che si impongono al soggetto e lo vincolano a una lotta inesauribile, sebbene egli continui a ritenere tale incoercibile parassitismo, come qualcosa di abnorme, di estraneo all’Io (egodistonia).
Per Freud (1909, 1913), la distinzione tra i sintomi nevrotici e il carattere ossessivo sta nel fatto che i primi rappresentano il risultato del fallimento dei tentativi dell’Io di reprimere impulsi e pensieri inaccettabili, mentre il carattere rifletterebbe la riuscita elaborazione da parte dell’Io di difese contro tali pulsioni.
Un tratto fondamentale dell’ossessivo è la rigidità, che rientra in una modellistica infantile fissatasi alla fase anale: egli presenta un ragionamento molto rigido, non duttile, incapace di tener conto delle stimolazioni e delle variazioni esterne. Questa rigidità la si osserva anche nella carenza di autocritica, spesso visibile nell’assenza di autoironia, che a sua volta rientra nella tendenza del soggetto a proiettare associata all’incapacità di identificarsi. Queste caratteristiche sono presenti in modo massiccio nelle forme paranoidi, ma possono caratterizzare, in modo più sfumato, anche il disturbo ossessivo. L’assenza di autocritica apparentemente contrasta con la presenza di un fortissimo senso morale e la tendenza spiccata all’autocolpevolizzazione: in realtà, anche in questo caso, non si tratta di vera critica calibrata verso se stessi, quanto di una critica di tipo superegoico, cioè rapportata a un’immagine ideale di sé.
Una suggestiva descrizione delle caratteristiche del soggetto ossessivo è stata realizzata da Spaçal (1989): “I dettagli a cui presta attenzione sono quelli che si conformano a un sistema generale, cui egli aderisce in maniera rigida; ciò lo spinge a detestare, se non a ignorare, le novità e le sorprese (…). Continuamente preda di incertezze e dubbi, e fervido sostenitore di dogmi dall’altra, si mostra determinato a essere persuasivo ed esauriente nei suoi ragionamenti (…). Le situazioni che richiedono un coinvolgimento emotivo vengono quasi del tutto evitate (…). La vita dell’ossessivo è imperniata sul lavoro; egli si sente continuamente e interamente impegnato in una qualche attività, vivendo sensazioni di faticosa deliberazione e di sforzo (…). Egli parte dal presupposto che tutto ciò che intraprende deve essere piacevole, ed è proprio questo dovere che gli procura un pressoché costante senso di tensione. (…) L’impellente senso del dovere non gli permette di sentirsi una persona libera, il che provoca in lui risentimento e ostinazione; d’altronde, quando la situazione gli offre una maggiore libertà, si trova a disagio e viene sopraffatto dall’insuperabile dubbio sul da farsi. (…) Si affida volentieri alle regole, ma teme sempre che queste non siano abbastanza efficaci e idonee per poter affrontare in maniera equanime tutte le situazioni che gli si presentano. (…) I conflitti tipici dell’ossessivo riguardano la crudeltà e la compassione, la sporcizia e la pulizia, il disordine e l’ordine, ma, soprattutto, l’atteggiamento ambivalente nei confronti dell’autorità. Perfino l’apparenza della più grande coscienziosità e del massimo rispetto non riesce mai a dissimulare completamente il suo forte impulso a ribellarsi a tutto ciò che egli ritiene ci si aspetta da lui”.