Un numero considerevole di pazienti affetti da mania, stimato nei diversi studi tra il 15% e il 66%, presenta significativi concomitanti aspetti depressivi, senza necessariamente configurare un vero e proprio stato misto. Se la disforia, con irritabilità e rabbia, sono contemplate quali criteri diagnostici anche dagli attuali sistemi classificatori, in alternativa all’elevazione del tono dell’umore e all’euforia, non sempre è messa in evidenza la frequenza con cui questa condizione viene interrotta da periodi più o meno effimeri di depressione, con profonda tristezza, crisi di pianto e talvolta ideazione suicidaria.
Questo aspetto era già stato rilevato da Eugen Bleuler: «Per motivi di cui è impossibile rendersi conto e che perciò non resta che definire “interiori”, si danno anche repentine commutazioni nella mestizia». E secondo Arieti (1978), il comportamento del paziente, in particolare quello verbale, «ha uno scopo: quello di mantenere questa superficiale ed effervescente euforia e di sfuggire a pensieri che insinuandosi potrebbero provocare la depressione».
In un’ottica psicoanalitica, la maniacalità rappresenta l’altra faccia della depressione. Per Freud (1915c), la mania si configura come la rivalsa dell’Io narcisistico per essersi liberato dall’oggetto che lo ha sopraffatto durante la fase melanconica: vi è un’improvvisa liberazione della libido dall’immagine interna, e questa sovrabbondanza di energia si scarica in un comportamento maniacale.
E Melanie Klein (1940) ha osservato come le difese maniacali, in particolare il diniego, possano emergere in risposta al dolore per oggetti d’amore perduti: «Clinicamente, i pazienti possono manifestare queste operazioni maniacali attraverso il diniego di qualunque aggressività o distruttività nei confronti di altre persone, un’attitudine euforica in contrasto con la loro effettiva situazione di vita, l’idealizzazione di altre persone, oppure con un atteggiamento sprezzante e insolente verso le altre persone, al fine di disconoscere il proprio bisogno di relazione. (…) La funzione difensiva della mania è più chiaramente evidente nei pazienti maniacali disforici la cui angoscia e depressione si aprono un varco attraverso un episodio maniacale, rendendo necessaria una ripresa del diniego maniacale» (Gabbard, 2000).
Da un punto di vista psicodinamico, è quindi possibile spiegare l’alternanza di fasi maniacali e depressive, con episodi e periodi intervallari di lunghezza variabile, ma anche, ipotizzando transitorie falle nei meccanismi difensivi, la presenza più o meno marcata di sintomi depressivi nella mania; e allora «si intravedono in essa i segni di una esperienza antitetica a questa: di un’esperienza di dolore e di morte» (Borgna, 1992).