L’esperienza clinica e le evidenze della letteratura internazionale confermano quanto la mania acuta si manifesti con agitazione e aggressività. E’ presente un sostanziale aumento dell’energia vitale, con eccitamento motorio e una riduzione del bisogno di sonno, oltre a un’accelerazione ideativa che riduce la capacità di critica e di riflessione, rendendo le azioni avventate, precipitose, impulsive e imprevedibili.
“Si tratta di un’esaltazione dell’essere psichico nella sua totalità e questa esaltazione fa precipitare il maniaco in una danza frenetica, nella quale lo trascina l’esuberanza delle sue tendenze istintivo-affettive senza freni (…). Il maniaco prova un bisogno imperioso d’attività. Va, viene, gesticola, cambia il posto dei mobili, ha scatti di risa, applaude, canta e balla. I movimenti non sono adattati, sono eccessivi per il loro scopo e si succedono in gran disordine” (Ey, Bernard e Brisset, 1960-1978). Nei casi più gravi si giunge al cosiddetto iperaffaccendamento afinalistico, caratterizzato da una costante iperattività motoria non indirizzata a uno scopo preciso: una spinta all’attività e all’azione apparentemente fine a se stessa.
Il soggetto maniacale avverte il mondo a portata di mano, per cui sente di poter estendere le sue possibilità in base al proprio volere: la progettualità è svincolata dalle regole della misura, della ponderazione, della prudenza e della capacità di differire l’attesa.
Secondo Tartaglione (1999), anche se i rapporti interpersonali sono caratterizzati da una palese disinibizione, non è la regola che l’esuberanza si trasformi in aggressività, che tende a evidenziarsi piuttosto quando sono presenti tratti dell’umore più prossimi all’irritabilità e alla disforia. In particolare, se l’agitazione psicomotoria, nelle sue più svariate manifestazioni, è un elemento caratterizzante la fase maniacale, i comportamenti aggressivi o francamente violenti si appalesano quando il paziente è costretto a confrontarsi con una realtà che per lui, in quel momento, è eccessivamente limitante: quando si delimita in maniera coatta il suo spazio, quando si cerca di arginare le sue “bizzarrie” espansive o quando si impongono regole da rispettare. L’ipertrofia dell’Io, il bisogno incontrollato di autoaffermazione, il vissuto di onnipotenza, gli impediscono, allo stesso modo, di riconoscere limiti personali e di accettare limiti impostigli da altri.