L’atmosfera delirante
Nello stato d’animo delirante (Wahnstimmung), caratteristico delle fasi iniziali della malattia schizofrenica, il soggetto avverte, in modo non ancora strutturato, e per questo angosciante, un pervasivo senso di trasformazione della realtà: “L’ambiente è cambiato, non dal punto di vista sensibile, grossolano, – le percezioni sul piano sensoriale sono immutate – esiste invece una modificazione fine, che penetra tutto e crea una colorazione incerta, sinistra. Un ambiente familiare precedentemente indifferente o piacevole è ora permeato da una atmosfera indefinibile. C’è qualche cosa nell’aria, ma il malato non sa rendersene conto, lo domina una tensione sgradevole, sinistra… Questo stato d’animo delirante (…) deve essere insopportabile. I malati ne soffrono terribilmente. E già l’acquisizione di una data rappresentazione è come un sollievo” (Jaspers, 1959).
Klaus Conrad (1958), attraverso lo studio di reclute della Wermacht ricoverate durante la Seconda Guerra Mondiale in seguito a esperienze deliranti primarie, ha proposto un’interessante descrizione dello sviluppo della malattia schizofrenica. La prima fase, quella prodromica, è da lui definita “trematica” (dal greco tremo = tremare, trepidare, aver paura) ed è alimentata da ansia, tremore, panico; lo stesso vissuto che colpisce l’attore al momento di entrare in scena per recitare la sua parte nel dramma che sta per avere inizio.
La fase successiva è chiamata “apofanica” (apofaino in greco significa cambiare, rivelare, manifestare), in quanto si verifica quella che Minkowski (1953; 1966) ha definito la “metamorfosi di significato”: cose, eventi, persone, assumono un significato diverso dal solito, per lo più un significato carico di minaccia, di ostilità, di inquietudine. “L’esordio della apofania si concretizza con la comparsa dell’atmosfera delirante, un cambiamento della fisionomia dell’intero campo psichico (…). Il malato delirante si comporta come un essere umano posto di fronte a una rivelazione” (Conrad, 1958). Si verifica un passaggio dall’apofania esteriore (in cui i significati abnormi vengono attribuiti al mondo esterno) all’apofania dello spazio interiore, attraverso l’esperienza anastrofeica (anastrofé = rovesciamento, rivolgimento): in quest’ultima breve fase tutto ciò che accade nel mondo esterno viene dal paziente rovesciato, interiorizzato e riferito alla propria soggettività, al proprio Io: egli, a questo punto, diventa prigioniero della propria interiorità, delle proprie barriere autistiche.
Così ha descritto Norman Cameron (1959-1966) questa condizione: “E’ in questo stato di parziale isolamento, di regressione e di preoccupazione che comincia il processo riparativo, per mezzo del quale infine riprenderà il contatto con l’ambiente, ma su base delirante. Dapprima il paziente prova solo un senso di stranezza e di perplessità. Le cose sono cambiate. Sembrano inesplicabilmente diverse, ed egli cerca di comprendere la situazione senza esserne capace. La sua crescente ansia, naturalmente deriva dalle modificazioni dinamiche interiori, ma al paziente sembra connessa alle cose esterne (…) sta succedendo qualcosa che gli sfugge.”
E secondo Eugenio Borgna (1995), “nello stato d’animo delirante si colgono (contemporaneamente) questa scomposizione dell’Io e questa fibrillazione del mondo in una reciproca escalation psicopatologica e nel contesto di una dilagante estraneità. Le cose e le persone precipitano in vortici di dissolvenza semantica dai quali non riemergono unità di senso strutturate: dotate di forma; ma significati slabbrati e labili che sfuggono in una radicale indistinzione e in un’angoscia senza limiti”.