La schizofrenia secondo Freud
La teoria freudiana della schizofrenia, secondo Pao (1973), può essere suddivisa in tre fasi che si sono susseguite nell’arco di cinquant’anni. Nelle prime opere Freud osservò come sia le nevrosi sia le psicosi costituissero delle difese contro il ritorno del rimosso, attraverso però l’utilizzo di difese diverse: da un lato la “conversione”, tipica del paziente isterico, dall’altro la “proiezione”, caratteristica del paziente paranoide.
Successivamente Freud formulò la teoria della libido che applicò anche alla malattia schizofrenica: partendo dalla considerazione che lo sviluppo libidico procede dall’autoerotismo al narcisismo all’amore oggettuale, affermò che nella paranoia il punto di fissazione si collocava allo stadio narcisistico, mentre nella schizofrenia allo stadio autoerotico. Egli sosteneva che la schizofrenia fosse caratterizzata dalla decathexis di fronte all’emersione del conflitto, cioè a dire dal ritiro dell’investimento energetico dal mondo esterno e successivo spostamento sull’Io; la difesa principale dello schizofrenico sarebbe perciò rappresentata dal disinvestimento libidico; l’ulteriore meccanismo della proiezione rappresenterebbe un “tentativo di guarigione” per allontanare da sé l’esperienza del vuoto e della distruzione degli oggetti; le due difese sarebbero alla base del tentativo dello schizofrenico di costruire, attraverso i meccanismi allucinatori e deliranti, un mondo alternativo alla propria condizione.
La terza fase, avviata dall’opera L’Io e l’Es (1922), viene sviluppata in Nevrosi e Psicosi (1923), in cui Freud considera la nevrosi come l’esito di un conflitto tra l’Io e l’Es e la psicosi come conseguenza del conflitto tra l’Io e il mondo esterno: l’incapacità di dipendere dal mondo esterno e di non lasciarsi sopraffare dall’Es sarebbe alla base della psicosi. Egli comunque continuò a sostenere il disinvestimento energetico dal mondo esterno e il suo reinvestimento sull’Io come spiegazione dell’incapacità di sviluppo del transfert nel paziente schizofrenico, a differenza del nevrotico.
Anche nello scritto La perdita di realtà nella nevrosi e nella psicosi (1924), Freud mise a confronto le due forme di malattia, sottolineando come la psicosi, a differenza della nevrosi, rinneghi la realtà esterna, cercando di rimpiazzarla con la creazione di un mondo alternativo di tipo delirante, e utilizzi il diniego come fondamentale difesa. In Feticismo (1927), infine, egli cercò di spiegare la differenza con il meccanismo della scissione, da lui intesa come la compresenza di due atteggiamenti contraddittori, uno dei quali si adegua a un desiderio e l’altro alla realtà.