Il pensiero dissociato
Da un punto di vista storico e descrittivo, i disturbi formali del pensiero, e quindi del linguaggio, nella schizofrenia, vennero raggruppati inizialmente sotto il nome di “schizoafasia”, all’interno della quale Kraepelin collocò la confusione verbale, l’agrammatismo e i neologismi. Successivamente Bleuler non parlò più di “schizoafasia”, ma considerò i disturbi del pensiero come espressione di un processo patologico riguardante la “dissociazione”, dalla quale derivavano la confusione verbale e gli aspetti del linguaggio, che erano quindi correlati all’aspetto concettuale piuttosto che a quello sintattico (Piro, 1967).
Il disturbo dell’associazione degli elementi del pensiero è stato inserito da Bleuler, insieme al disturbo dell’affettività, all’autismo e all’ambivalenza, fra i sintomi fondamentali della schizofrenia, vale a dire quelle manifestazioni psicopatologiche che permettono di porre diagnosi. Egli sostiene che “lo schizofrenico non è povero di pensieri, ma al contrario dispone di una sorprendente ricchezza di concetti e di un’intensa attività mentale; tuttavia le ideazioni e le associazioni sono agli occhi dell’individuo sano insolite e singolari, hanno un che di bizzarro e di estraneo, come se gli abituali modi di pensare della vita quotidiana avessero perduto la loro stabilità”.
Tali associazioni si formano per contaminazioni, derivazioni, sostituzioni e spesso si esplicitano con discorsi apparentemente strampalati, bizzarri, stravaganti.
Tuttavia, come ha sottolineato lo stesso Bleuler, “il disordine ideativo dello schizofrenico si dà accanto alla capacità di pensare normalmente e non costituisce una sua definitiva riduzione … Le singolari e stravaganti ideazioni sono spesso simboli dei desideri, delle speranze e delle angosce dei malati e l’osservatore si può render empaticamente conto di come il pensiero confuso sia l’espressione di una lotta che il paziente conduce con i suoi intimi problemi e con la tragedia che sconvolge la sua vita interiore”.
Secondo quanto riportato da Arieti (1959-1966b), l’associazione di idee sembra avvenire in due modi: per contiguità e per somiglianza; la prima riguarda l’attivazione contemporanea o in successione immediata di due processi mentali, tale per cui la comparsa di uno tende a suscitare quella dell’altro (il pensiero del fuoco, per esempio, fa pensare al fumo, alle ustioni, ecc.); la seconda riguarda le caratteristiche in comune di due rappresentazioni mentali, nel senso che la presenza di una di esse tende a suscitare anche la presenza dell’altra (il pensiero di Parigi, per esempio, può essere legato a quello di Londra, perché entrambe sono due grandi capitali europee). Nel paziente schizofrenico il legame associativo sembra essere un predicato di qualità verbale, più che un predicato comune di contiguità o di qualità; in altre parole, il paziente associa le idee o le cose in quanto possiedono gli stessi simboli fonetici o scritti, dimenticando il significato della parola e concentrandosi esclusivamente sulla verbalizzazione. Inoltre, le idee che potrebbero associarsi per somiglianza o per contiguità, vengono identificate; i soggetti stessi vengono identificati e sostituiti ad altri, che appartengono allo stesso contesto o che compaiono nello stesso spazio e nello stesso tempo.