Il disorientamento
Il termine “disorientamento” (dis + oriens) ha un significato fortemente suggestivo da un punto di vista etimologico, in quanto indica la perdita della capacità di riconoscere l’oriente, di individuare quindi il punto cardinale in cui sorge il sole e dove compare la luce.
Secondo Karl Jaspers (1959), il disorientamento, che non si può considerare un sintomo unitario, in quanto “può insorgere in modo molto diverso ed avere perciò significati differenti”, deve essere differenziato nei seguenti tipi:
- disorientamento amnestico: per un grave disturbo della capacità di fissazione, il soggetto dimentica immediatamente quanto accade, compresi quindi i parametri necessari a orientarsi; più facilmente, in questa condizione, può comparire, quale meccanismo di compenso, un orientamento confabulatorio, che si caratterizza per la fugacità e variabilità tematica delle confabulazioni;
- disorientamento delirante: nelle forme psicotiche produttive, i pazienti, benché non presentino disturbi della coscienza o della memoria, traggono conclusioni circa lo spazio, il tempo, la propria persona o la situazione attuale dalle proprie rappresentazioni deliranti, evidenziando quindi possibili errori dell’orientamento; si parla, talora, di doppio orientamento (o “doppia contabilità”), in quanto i pazienti sono contemporaneamente orientati in modo corretto ed erroneo;
- disorientamento apatico: i pazienti non sono orientati in modo erroneo, tuttavia non sanno in che luogo e in che tempo si trovano, in quanto ciò non suscita in loro alcuno specifico interesse;
- disorientamento da alterazione della coscienza: le mutevoli esperienze degli offuscamenti della coscienza condizionano una molteplicità di forme di disorientamento.
Benché l’integrità della coscienza e del sensorio sia la condizione fondamentale per un corretto orientamento, tuttavia i suoi disturbi possono comparire non solo nelle alterazioni quantitative e qualitative dello stato di coscienza, ma anche in condizioni di chiarezza dello stesso, come nelle sindromi caratterizzate da deficit intellettivi gravi, elevati disturbi della memoria e intensa sintomatologia delirante-allucinatoria; ciò perché, tra gli altri presupposti di questa funzione psichica, sono da considerare l’intelligenza, la memoria e l’attenzione.
Come ha evidenziato Scharfetter (2002), “l’orientamento, come la maggior parte delle connotazioni psico(pato)logiche può variare a seconda dell’ambiente in cui il paziente è inserito e del tipo di approccio con cui lo si avvicina. Così un buon contatto verbale con il malato può favorire una miglior comprensione della funzione in esame più di una osservazione indiretta e distaccata nel tempo”.