Esiste una sostanziale concordanza tra i più recenti sistemi classificatori nel definire la fobia come una reazione di paura collegata a uno stimolo (che produce tensione fino al punto da causare disturbi emotivi, sociali o lavorativi), riconosciuto come eccessivo o irrazionale; essa determina comportamenti di evitamento e ansia intensa in caso di esposizione allo stimolo temuto. Nel DSM-IV-TR i disturbi fobici sono classificati come agorafobia, fobia specifica e fobia sociale.
Sebbene la tipizzazione non sia a tutt’oggi correlata a differenze prognostiche, gli oggetti della fobia specifica vengono distinti in animali, condizioni ambientali naturali (altezze, temporali, ecc.), sangue, iniezioni e ferite, situazioni (utilizzo di ascensori, volare, ecc.).
Ne Il piccolo Hans (1908b) Freud affermava che «alle “fobie” non è stato assegnato ancora un posto preciso nella classificazione delle nevrosi», ritenendo comunque che non dovessero essere collocate “tra i processi patologici indipendenti” e introducendo per le paure irrazionali del piccolo paziente il termine “isteria d’angoscia” per sottolineare la loro somiglianza strutturale con l’isteria di conversione, in relazione alla presenza, in entrambe le condizioni, del meccanismo della rimozione, teso a separare l’affetto dalla rappresentazione. Tuttavia, a differenza dell’isteria di conversione, nella “isteria d’angoscia”, “la libido che la rimozione ha staccato dal materiale patogeno non è convertita (…) ma liberata sotto forma di angoscia”: ne deriva “un costante lavoro psichico inteso a legare di nuovo l’angoscia divenuta libera”, che porta alla formazione dei sintomi fobici.
Successivamente Freud (1915-17) sostiene un’interessante analogia tra le paure infantili e le fobie degli adulti: «In esse si verifica infatti lo stesso processo che nell’angoscia infantile: la libido inutilizzabile viene trasformata ininterrottamente in un’angoscia apparentemente reale, introducendo così, al posto delle esigenze della libido, un trascurabile pericolo esterno. Non vi è nulla di strano che fobie e angoscia infantile concordino, poiché le fobie dei bambini non sono soltanto il modello di quelle successive – che noi classifichiamo nella “isteria di angoscia” – bensì la loro diretta condizione preliminare e il loro preludio».
Come ha più recentemente sostenuto Nemiah (1981) quando pensieri o vissuti inaccettabili a livello di coscienza minacciano di emergere dall’inconscio, viene attivato un segnale d’ansia cui l’individuo, con particolari caratteristiche di personalità, può cercare di far fronte mediante i meccanismi di difesa dello spostamento, della proiezione e dell’evitamento. Ne consegue la rimozione del desiderio proibito, ma il prezzo del controllo dell’ansia è la creazione di una sintomatologia fobica.
La differenza fondamentale tra ossessioni e fobie “consisterebbe nel fatto che, mentre le ossessioni sono corredate da vari stati emozionali (dubbio, aggressività rimossa, ansia), nelle fobie prevale soltanto lo stato di angoscia; inoltre, mentre le ossessioni sono più varie e specializzate, le fobie sono più monotone e più tipiche nelle loro manifestazioni”.