La correlazione tra disturbo affettivo e depressione caratterologica, tipica del disturbo borderline di personalità, è stata spesso indagata anche per stabilire se quest’ultimo sia da considerare un’entità autonoma o se possa caratterizzarsi all’interno del grande gruppo diagnostico “affettivo”.
Il borderline “può essere colpito da una situazione depressiva che ha tuttavia delle sue caratteristiche specifiche e coerenti agli aspetti strutturali, dinamico adattivi e pulsionali dei disturbi di personalità” (Furlan e Picci, 1996). La pratica clinica insegna che la depressione nel borderline può sovente presentare problemi di diagnosi differenziale con il disturbo depressivo maggiore; esistono tuttavia alcuni importanti aspetti differenziali e soprattutto i seguenti paiono particolarmente significativi.
Depressione e colpa. La depressione maggiore è caratterizzata da quella che viene chiamata “tristezza vitale” (che può essere considerata quasi un sintomo di primo rango schneideriano) e da profondi sensi di colpa, che possono arrivare ad assumere caratteristiche deliranti. La depressione caratterologica, invece, è una alterazione timica senza sensi di colpa, rimorsi, autoaccuse; non esiste nemmeno, in realtà, una vera sensazione di tristezza, piuttosto una rabbia impotente, un sentimento di sconfitta a opera di forze esterne, per il prevalere dei meccanismi proiettivi; è un costante stato di angoscia, non oggettuale, bensì diffusa: si attacca a tutto e non ha una causa specifica.
Corpo e dolore. Nella depressione maggiore accade non raramente che i pazienti facciano riferimento a una condizione di dolore totale, di dolore assoluto e non commensurabile, a differenza del dolore fisico, che imprigiona e schiaccia il loro corpo. Nella depressione caratterologica non esiste questo dolore, ma il paziente riferisce un vuoto interno, la sensazione di essere una marionetta inanimata e inerme di fronte al mondo; nelle crisi di angoscia il corpo perde la sua vitalità e diventa un involucro svuotato di ogni emozione.
Dimensione ontologica del tempo. È stata così definita da Husserl e Heidegger quella sintesi di presente, passato e futuro, che dà senso e colore alla nostra esistenza. Nella depressione maggiore, come ha affermato Binswanger (1957), non si hanno solo modificazioni del tempo psicologico, ma soprattutto del tempo ontologico: scompare il futuro, mentre esiste il presente e soprattutto sopravvive, dilatato e opprimente, il passato. La dimensione ontologica del tempo nel borderline è una esperienza ancor più destoricizzata, e da questo punto di vista più simile a quella del maniacale, che vive solo un presente istantaneo: una presentificazione effimera, confinata nell’atto impulsivo o nella sensazione di vuoto attuale, che manca sia del passato sia del futuro.
Condotte autolesive e morte. Il depresso maggiore cerca la morte: la profonda demoralizzazione, l’indifferenza affettiva, la riduzione delle capacità prestazionali, la perdita di speranza per il futuro possono portarlo a considerare la morte come l’unica via di uscita dallo stato di sofferenza in cui si trova e spingerlo quindi a mettere in atto condotte autoaggressive a scopo anticonservativo. Il borderline, in realtà – al di là delle spinte autodistruttive inconsce – cerca la vita: attraverso l’automutilazione, le condotte autolesive, cerca di dare una qualche sensazione a quell’involucro vuoto che è il suo corpo; ha bisogno di farsi del male, perché il dolore è ciò che gli fornisce la sensazione di essere vivo