Agitazione, aggressività e sostanze psicoattive
L’abuso di sostanze può essere considerato da solo un elemento di rischio per comportamenti aggressivi, ma sovente agisce come fattore di comorbidità, che incrementa il rischio di violenza, esercitando una funzione additiva sulla probabilità che si verifichino episodi di aggressività in altre categorie diagnostiche.
Solitamente, gli studi effettuati sull’utilizzo di droghe all’interno della popolazione psichiatrica hanno considerato questo gruppo di pazienti come omogeneo, mentre le ricerche più recenti hanno evidenziato l’eterogeneità relativa all’incidenza di comportamenti violenti in base alla tipologia di sostanza assunta: in particolare, come è lecito attendersi, è stata confermata la presenza di una maggiore probabilità di anamnesi positiva per condotte aggressive nel gruppo di pazienti che utilizzano sostanze stimolanti, come cocaina e amfetamine (Miles et al., 2003).
In ogni caso, la doppia diagnosi di psicopatologia e abuso di sostanze aumenta significativamente la probabilità di comportamenti aggressivi.
L’agitazione psicomotoria, fino a comportamenti aggressivi più o meno finalizzati, può presentarsi sia come effetto diretto di una sostanza psicoattiva sia in condizioni di astinenza dalla stessa. E’ emblematico, da questo punto di vista, l’alcol, che può causare una caduta delle inibizioni, determinando modificazioni comportamentali in seguito alla sua azione sui centri inibitori bulbari. Questa condizione si evidenzia particolarmente in alcune tipologie di bevitori, come quello “compulsivo” (Furlan e Picci, 1990): il soggetto, ogni giorno, deve bere fino all’ubriachezza e quando inizia non riesce a trattenersi. “L’alcolista compulsivo presenta una personalità conformista, spesso carica di aggressività (…). Assai sovente, in fase di intossicazione, è possibile assistere a vere e proprie trasformazioni della personalità, con liberazione di tendenze aggressive e di rivalsa (…)”. Tuttavia, anche a prescindere da specifiche caratteristiche personologiche, spesso l’intossicazione acuta si accompagna temporaneamente a comportamenti di eccitazione o franca agitazione; comportamenti che diventano particolarmente eclatanti nella forma eccitomotoria di quella che in passato era chiamata “ebbrezza patologica” o “intossicazione alcolica idiosincrasica” (una ebbrezza caratterizzata da sintomi e comportamenti abnormi rispetto alle quantità di alcol assunte): in questa condizione, il soggetto ha un comportamento aggressivo e distruttivo assolutamente atipico rispetto a quando è sobrio, diventando agitato, litigioso e violento.
Un’agitazione psicomotoria più o meno accentuata accompagna anche la sindrome astinenziale alcolica, dalle forme più leggere al delirium tremens: in quest’ultimo caso è da porre soprattutto in relazione alla grave condizione confusionale, ai disturbi della tonalità affettiva, ma soprattutto al carattere terrifico delle allucinazioni.
E’ certo comunque che “l’alcol per il suo potere disinibente, per l’abuso prevalente nelle classi sociali più disagiate e per l’effetto alone derivante da una generale condanna sociale, è stato spesso associato a comportamenti criminali” (Furlan e Picci, 1990): da un lato, la sostanza può essere causa diretta di atti criminosi in relazione alla sua capacità di slatentizzare le pulsioni aggressive, normalmente inibite dai centri superiori; dall’altra, la tendenza agli atti aggressivi e criminosi con la situazione socioambientale e familiare dell’etilista, nonché con caratteristiche personologiche o disturbi psichiatrici di fondo.