Metafora e schizofrenia
Da un punto di vista linguistico, la metafora è quella figura retorica che consiste nel sostituire una parola o un’espressione con un’altra in base a un rapporto di analogia tra i rispettivi significati letterali. “Se da un punto di vista operazionale la metafora consiste nella decontestualizzazione e ricontestualizzazione di un elemento (questo infatti viene dissociato da quello che è il suo contesto abituale per essere associato a un nuovo contesto), da un punto di vista psicologico la metafora, che pur si avvale di tale operazione, consiste essenzialmente nella creazione di nuove realtà, di nuove esperienze, che non sarebbero altrimenti designabili” (Fonzi e Negro Sancipriano, 1975).
La metaforizzazione è dunque quel processo nel quale si realizza una trasposizione di significati, mediante un’identità sincretica tra soggetto e oggetto, laddove il primo, dimentico della propria presenza, si perde nel secondo, diventando tutt’uno con esso. Da un punto di vista psicologico, la metaforizzazione si realizza nel momento in cui vengono sfumati i confini tra interno ed esterno: tale sfumatura non permette di utilizzare un sistema linguistico precostituito e usuale e il linguaggio appare allora più vicino alla realtà del soggetto, più vicino alla sua interiorità.
Il processo in questione non sembra riguardare soltanto le modalità infantili e primitive di conoscenza, ma anche tutte quelle situazioni in cui non c’è distanza tra l’Io e l’oggetto; per esempio, ciò può accadere in alcuni momenti regressivi dell’adulto, a cui talora sembra sfuggire la conoscenza dell’oggetto attraverso indicazioni semantiche ordinarie; il soggetto, allora, tenta l’appropriazione di esso con mezzi diversi che spesso si riferiscono all’immediatezza percettiva e a modalità di conoscenza dove il sincretismo e l’indifferenziazione costituiscono le caratteristiche specifiche (Biino e Picci, 1986).
Il processo d’indifferenziazione tra soggetto e oggetto caratterizza, in un certo senso, anche il mondo psicotico, nel quale è proprio la mancanza di confine tra interno ed esterno a definire la patologia. Il processo di metaforizzazione, attraverso l’unità tra soggetto e oggetto e attraverso una trasposizione di significati, mette in luce la realtà schizofrenica, il cui linguaggio esprime un mondo diverso e un diverso rapporto con il mondo; il linguaggio non esprime in modo chiaro i contenuti interiori e non fa uso delle usuali categorie verbali, logiche e concettuali per esprimersi, ma si colloca a un livello altro di espressività, che permette anche di esprimere una realtà non univoca e ordinaria, ma estremamente soggettiva e dinamica.
“Il paziente psicotico, a differenza di quello neurotico, è incapace di simboli. Tutto nel suo linguaggio è metaforico, ma non rimanda ai concetti: le cose sono realtà espresse nei “protosimboli” schizofrenici: (…) il delirio, l’allucinazione, cioè fenomeni che per il paziente non possono ancora essere simbolo che lo rimandi alla realtà ultima della cosa, e che invece sono solo un segno. Il protosimbolo può essere tuttavia un germe del simbolo, a patto di inserirsi all’interno della trasformazione terapeutica. Se noi riusciamo a modificare il protosimbolo nel discorso verbale, in modo tale che la nuova edizione del protosimbolo sia una nuova immagine ampliata rispetto a quella patologica – ampliata in modo da lasciar spazio anche a noi accanto al paziente – allora avremo realizzato una proposta terapeutica (Benedetti, 2005).