La dimenticanza selettiva e la rimozione
Alla base della dimenticanza selettiva o sistematizzata vi è, a livello psicodinamico, il meccanismo di difesa della rimozione, che consiste nel confinare nell’inconscio (e quindi rendere inaccessibile a livello di coscienza), tutto ciò che è emotivamente inaccettabile. Questa difesa fu una delle prima ad attirare l’interesse di Freud, che nel 1915(b) scriveva che “la sua essenza consiste semplicemente nell’espellere e nel tener lontano qualcosa dalla coscienza”, un vissuto “interno” o una circostanza “esterna” che impediscono il mantenimento di un equilibrio psichico.
La teoria analitica successiva ha applicato il termine “rimozione” non solo e non tanto a eventi reali, a traumi esterni, ma soprattutto alle fantasie derivate da desideri o da bisogni e che possono far parte dei normali processi evolutivi (per esempio, il desiderio di distruggere il genitore dello stesso sesso al fine di possedere l’altro del complesso di Edipo).
Come sostiene Nancy McWilliams (1994), “se fossimo continuamente coscienti di tutta la gamma di nostri impulsi, sentimenti, ricordi, immagini e conflitti, saremmo cronicamente sopraffatti”; per cui, come gli altri meccanismi di difesa, la rimozione diventa problematica nei casi in cui fallisce nella sua funzione, elimina anche aspetti positivi della propria esistenza e agisce in modo eccessivo e non equilibrato, a discapito di altri dispositivi difensivi.
Si tratta inoltre di un meccanismo estremamente mobile: “non ci si deve rappresentare il processo della rimozione come un accadimento che si produce una volta per tutte e le cui conseguenze sono permanenti, più o meno come quando viene ammazzato un essere vivente che da quel momento in poi è morto; la rimozione richiede al contrario un costante dispendio di energia e, se questo cessasse, il successo della rimozione verrebbe messo in forse talché si renderebbe necessario un rinnovato atto di rimozione” (Freud, 1915b).
Un ricorso eccessivo alla rimozione, unitamente ad altri processi difensivi, è caratteristico dell’isteria. In particolare, nelle forme conversive, il trauma o la fantasia rimossa vengono “convertite” in sintomi somatici (per esempio, la paralisi); nelle forme dissociative, l’amnesia può investire un singolo evento oppure in toto la storia e l’identità della persona. «Ciò che caratterizza la crisi d’amnesia isterica, è il suo carattere sistematico. Più spesso l’amnesia lacunare, consiste nell’oblio d’un avvenimento penoso, d’una situazione (…). Talvolta, l’amnesia è globale e l’isterico è “come un viaggiatore senza bagagli” (…). Le personalità multiple costituiscono un caso particolare di tali amnesie, evolventi in cicli periodici con sistematizzazione dei ricordi peculiari all’una o all’altra personalità alternante» (Ey, Bernard e Brisset, 1960).
E’ bene tuttavia sottolineare, come ha scritto Furlan (1997), che “nell’isterico anche la rimozione risente dell’ambivalenza, della contraddittorietà emotiva, dell’alterno prevalere degli opposti. Spesso il paziente dà l’impressione di conoscere ciò che non ricorda, più di quanto egli stesso non avverta (la bassa tensione dei livelli associativi di Janet) per cui, più che a una rimozione, pare di assistere a una volontaria repressione, a una inibizione preconscia di fantasie dal contenuto ambiguo. Talvolta questa condizione è resa più complessa dal mescolarsi di fantasie scaturite dal bisogno di ritagliarsi una realtà e quindi un passato ideale, piacevole, da esibire in un oniroide rimescolio di ricordi, fantasie, sogni a occhi aperti”.