Le allucinazioni
Le allucinazioni possono essere definite come percezioni con carattere di corporeità di un oggetto esterno che per gli altri non esiste. Il soggetto allucinato è assolutamente convinto, contro ogni evidenza, della realtà di ciò che percepisce: in tal senso, non esiste alcuna possibilità di critica.
Le caratteristiche di questi fenomeni dispercettivi sono state descritte in modo estremamente esplicativo da Eugen Bleuler: “La chiarezza delle allucinazioni è talvolta estremamente intensa, ma può arrivare sino alla percezione allucinatoria di forme evanescenti, nebbiose o di un indistinto sussurrio. (…) L’intensità va dal più forte colpo di cannone sino al sussurro appena udibile, dai fenomeni di luce più sfacciata sino all’ombra più tenue. (…) La proiezione all’esterno, la localizzazione in un determinato punto dello spazio e – il che non è la stessa cosa – la distinzione delle allucinazioni dalle rappresentazioni, dai loro pensieri, sono per i pazienti quasi sempre fuori discussione. (…) L’impressione di realtà delle allucinazioni è quasi sempre assoluta: quel che i malati vedono ed odono è per loro una realtà inoppugnabile (…). Non serve a nulla, con un malato che ode delle voci provenire dalla stanza accanto, portarlo in questa stanza e dimostrargli che non c’è nessuno (…)”.
Nel caso di vere allucinazioni uditive, quindi, il paziente individua l’origine del suono al di fuori del proprio corpo ed è in grado di localizzare la sorgente sonora: è possibile in questi casi, evidenziare comportamenti indicativi della presenza di allucinazioni, non verbalizzate o negate dal soggetto, come, per esempio, il volgere la testa verso la fonte oppure parlare, apparentemente, da solo. Nel caso di allucinazioni uditive complesse, può accadere che il paziente riconosca la persona di cui ode la voce.
D’altra parte, la definizione di allucinazione come percezione senza oggetto, a non pochi autori pare riduttivo. Come sostiene Erwin Straus (1962), questa definizione “dimostra l’ininterrotto potere della filosofia cartesiana. La percezione non è compresa, qui, come la relazione di un soggetto, che percepisce, a un oggetto percepito. L’esperienza di chi percepisce è ridotta nella sua totalità a una percezione che avviene nella coscienza: una specie di quadro fatto di colori mentali. L’intenzionalità è cancellata”. D’altra parte, già Bleuler sosteneva che “le voci dei nostri pazienti esprimono i loro conflitti, le loro paure, il loro rapporto con il mondo. (…) Sono un mezzo attraverso il quale il megalomane realizza i suoi desideri, il mistico comunica con Dio e con gli angeli, il depresso viene spaventato da ogni sorta di catastrofe, chi è perseguitato impreca giorno e notte”.
In un’ottica psicodinamica, le allucinazioni, come i deliri, rappresentano meccanismi regressivi di appagamento del desiderio, “mediante la creazione di una realtà più soddisfacente. Freud fa notare che, a partire dalla nascita, il rapporto con la realtà rimane sempre aperto e viene continuamente arricchito da nuove percezioni che si depositano via via sulle tracce mnestiche, sulle rappresentazioni e valutazioni della realtà precedentemente costituitasi. Nel corso delle psicosi le allucinazioni assolverebbero nel modo più radicale il compito di arricchire e modificare il rapporto che il paziente si è attivamente creato con la nuova realtà” (Arrigoni Scortecci, 1989).
Arieti esamina le allucinazioni secondo tre caratteristiche fondamentali: la percettualizzazione del concetto, la proiezione nel mondo esterno dell’esperienza interiore e la difficile, se non impossibile, correggibilità dell’esperienza. “La percettualizzazione del concetto è un grado estremo di concretizzazione. (…) I pensieri, che di solito consistono in immagini (verbali, visive, uditive, ecc.), si servono di un meccanismo inferiore, il meccanismo percettivo. La seconda importante caratteristica dell’allucinazione, la proiezione nel mondo esterno dell’esperienza soggettiva interiore, esiste anche nei sogni. (…) Nella maggior parte dei malati le allucinazioni non vengono corrette. Il paziente non solo ha il desiderio dinamico di credere al contenuto dell’allucinazione, ma ha anche bisogno di interpretare le esperienze secondo i livelli a cui regredisce. La concretizzazione e la percettualizzazione del concetto (…) possono sembrare metaforiche e simboliche. Ricordiamo però che queste esperienze sono metaforiche e simboliche soltanto per noi, che conserviamo il consueto modo di pensare o almeno la possibilità di passare da un modo a un altro di pensare. Ma queste esperienze non sono metaforiche per il malato; sono intensamente vissute, rappresentano la sua realtà”.